Theme Setting

Showcases

Background

This setting is only taking a look when select color and background.
If you want to set showcase color, background and disable Setting Bar, go to Templates Manager > AT-Templates > Global Tab

Go to Top

Agenda

Agenda

 Corso Istruttore Metodica Yoga Ginnastiche UISP Salute Benessere a Lucca

(inizio 30/31 Gennaio 2021) posticipata alla riapertura delle palestre

yoga porte aperte  2020, 20 anni di YANI (lezione)

Respiro vivo (Seminario)

Serate del pensiero (conferenze)

Meditazione settimanale a distanza

il giovedi dalle 20:30 alle 21:30 (Costanza 348 5703187)

 

Corsi e orari

Corsi e orari

CENTRO YOGA NIKETAN

 

( settembre 2020 - Giugno 2021 )

 

I corsi sono organizzati secondo il protocollo applicativo Covid-19

 

Meditazione della Luna Piena

Meditazione della Luna Piena

Meditazione della Luna Piena

Ogni Luna Piena

Ore 20,30

presso il Centro, salvo indicazioni differenti.

INCONTRI DI MEDITAZIONE

IN OTTEMPERANZA ALLE NORME COVID19, SI ACCEDE ALLA MEDITAZIONE SOLO SU PRENOTAZIONE TELEFONANDO AL 348 5703187.

×

Notice

Please enter your Disqus subdomain in order to use the 'Disqus Comments (for Joomla)' plugin. If you don't have a Disqus account, register for one here

Dialogo sulle religioni, l'unità con Dio.
Londra, Estate 2007

Ogni religione afferma che i propri testi sacri riportino la parola definitiva di Dio e
che in essi sia contenuta la pienezza della Verità. Gli ebrei ritengono che la Torah sia
eterna e che sia la Parola Ultima di Dio. Per i cristiani, invece, la Parola Ultima di
Dio è quella che si può leggere nei Vangeli, custodi degli insegnamenti di Cristo,
considerato la pienezza della rivelazione. I musulmani credono che Maometto sia
l’ultimo profeta e che il Corano sia eterno e perfetto, perché è la scrittura rivelata più
recente.
Per approfondire questo tema, occorre comprendere che il complesso di credenze e
istanze che ogni religione propugna come Verità trae origine prevalentemente da due
diversi tipi di materiale: elementi storico-geografici da un lato, elementi prettamente
dottrinali e spirituali dall’altro. Nel prendere in esame un testo sacro va tenuta nella
debita considerazione la componente storico-geografica: le descrizioni della Verità e
di Dio veicolate dai testi sacri, infatti, sono inevitabilmente condizionate anche dalla
situazione sociale, politica e scientifica dell’epoca della loro stesura. Dunque, se si
considerano in modo critico le Sacre Scritture, sorgono alcuni dubbi sull’origine della
Parola Ultima di Dio.
Lo sviluppo della coscienza umana procede di pari passo con la realizzazione della
relazione umano-divino. La Parola Ultima di ogni religione deve essere compresa
nella sua duplice costituzione: originata in parte da Dio e in parte dal sistema sociale
che guida i rapporti umani.
Esistono tre diverse modalità di relazione col divino. La prima è riassumibile nella
frase «Dio è superiore a me»: Dio manifesta il suo volere come legge che governa i
rapporti umani nella società e questo crea un’identità collettiva.
Invece nel secondo caso il rapporto tra gli elementi è questo: «Io sono in Dio e Dio è
in me»: Dio non manifesta il suo volere attraverso la Legge, ma rivela chi “è” un
essere umano;questo livello appartiene alla Mente Universale. Non vi sono testi sacri,
gli esseri umani vivono attraverso la loro luce interiore e diventano la via, la verità e
la vita.
Il terzo tipo di rapporto umano-divino è esemplifcato dalla frase «Io e Dio siamo una
cosa sola». Questo modo di concepire Dio è riconducibile alla Mente Unitaria. In
questo caso esiste solo Dio ed è Dio stesso che opera dentro e attraverso la Mente
Universale. Dio è la via, la verità e la vita. Ciò non significa che l’essere umano
diventi un altro Dio, ma esso si svuota completamente di se stesso e diventa uno
strumento di Dio.
L’aforisma «Io e Dio siamo una cosa sola» indica la Verità Ultima e più elevata nella
relazione umano-divino. Non è possibile andare oltre questo stadio. Gesù Cristo
stesso espresse questo concetto, ma esso comparve anche cinquecento anni prima,
nelle Upanishad, in cui i saggi scrissero «Io sono Brahman» o «Io sono Dio».
Quindi, Cristo non fu il primo in assoluto a divulgare quest’idea: fu il primo solo nella
tradizione profetica.
Anche dopo Gesù, molte altre persone hanno diffuso questo concetto, nella
tradizione indiana come nel mondo cristiano. In quest’ultimo, una simile teoria è stata
avversata e rimossa, perché la religione cristiana concepisce un Dio creatore e
dunque non è lecito che un essere umano, creato da Dio, possa affermare di essere
un’unica cosa col divino: tale caratteristica appartiene solo a Gesù, al figlio di Dio.
L’affermazione «Io e Dio siamo una cosa sola» potrebbe sembrare blasfema, ma in
realtà è l’affermazione più umile; significa che la coscienza umana si è
completamente svuotata e ciò che rimane è Dio; significa che esiste un solo Dio e
che l’essere umano non esiste al di fuori di Dio.
La Mente Unitaria è la Parola Ultima, ma essa non si può collocare in un sistema
sociale e tutte le strutture sociali sono un suo riflesso imperfetto. I testi sacri sono il
riflesso imperfetto della Mente Universale e della Mente Unitaria. Quindi una Parola
Ultima esiste al più alto livello della relazione umano-divino, ma non esiste nella verità
manifesta. La più alta verità non può essere inserita in leggi o strutture e non
può essere organizzata. Quindi i testi sacri non dovrebbero essere considerati come
la Parola Ultima di Dio. Ogni generazione deve riflettere per comprendere il
messaggio e il volere di Dio, tenendo conto delle situazioni sociali, politiche e
scientifiche del proprio tempo.
Per raggiungere benessere e felicità, all’umanità non sono sufficienti un testo sacro e
un ultimo profeta. Questi strumenti possono giungere ad offrire al massimo un senso
di sicurezza e stabilità, ma, di contro, bloccano l’evoluzione della coscienza umana.
Quindi, esiste una Parola Ultima nella relazione umano-divino – vale a dire nella
Verità eterna alla base di ogni religione – ma non nella sua manifestazione storica,
solitamente fissata in un testo sacro. Tutte le scritture, infatti, sono condizionate
dagli elementi storico-geografici contingenti alla rivelazione del messaggio religioso:
occorre che vengano affrontate in modo critico e consapevole. Ogni religione e ogni
testo sacro devono essere giudicate secondo la possibilità che hanno di creare una
relazione con Dio.
Qual è la più alta relazione umano-divino che una religione o un testo sacro possono
ammettere? Questo quesito potrebbe essere uno dei criteri utilizzabili per giudicare le
religioni e i relativi testi sacri. Ogni religione e ogni scrittura devono essere giudicate
tenendo conto anche della dignità degli esseri umani.
Quando siamo desiderosi di essere strumenti di Dio,
c’è sempre la possibilità che Dio parli all’umanità attraverso di noi.
Qual è il segno della nostra unità con Dio?
Un fondamentale segno attraverso cui Gesù si è presentato all’umanità è la lavanda
dei piedi fatta ai suoi discepoli: il Figlio di Dio è al servizio dell’umanità e non si
considera superiore agli altri. Egli è umile. L’umiltà è il segno di chi ha già realizzato
la sua unità con Dio. Lavando i piedi ai suoi discepoli, Gesù ha creato un simbolo che
indica l’amore per il prossimo.
L’umiltà è il segno dell’unità con Dio.
Le definizioni religiose possono ridurre Gesù o l’umanità a sole creature di Dio e a
separarle dal Divino.
In verità, noi siamo una cosa sola con il Divino.
Yoga Ratna e unione interiore: simboli e miti della ricerca del Sé
di Costanza Ceccarelli
Definirei il mio incontro con lo Yoga Ratna un vero e proprio “approdo”, una solida roccia sulla
quale erigere l'edificio del sadhana. Ognuno di noi, più o meno consapevolmente, percorre un
cammino nella vita. Esso può diventare un percorso di coscienza e di scoperta di Sé, ma può anche
non diventarlo affatto, eppure compiersi. Ritengo che sia un percorso unico ed irripetibile, diverso
cioè per ogni singolo individuo, e comunque meritevole di di riconoscimento e rispetto. Ci sono,
tuttavia, alcuni aspetti e caratteri di quella che chiamiamo “ricerca di Sè” che si ritrovano simili
nell'esperienza di ciascuno di noi, e che per questo sono da considerarsi modalità universali
dell'essere umano. Proprio questi principi universali costituiscono il senso più profondo della
pratica yoga, che cerca di esprimerli attraverso il simbolismo di quelle particolari posture del corpo
che chiamiamo asana. Il termine asana indica tutti quelli “atteggiamenti posturali” che si assumono
consapevolmente col corpo, col respiro e con la mente, e che si mantengono nella totale immobilità,
a lungo e con naturalezza. Tutti portano un “nome”, sono un complesso fenomenico che gli yogin
hanno definito “nama-rupa” (nome-forma), e il nama (unico e irripetibile per ogni posizione)
veicola il portato psichico: il nama, cioè, è “simbolo”. Il nome della posizione assunta dal corpo
assurge, così, a valore archetipo universale, poiché cela nella sua forma verbale l'indicazione di
modalità e vissuti profondi dell'intera umanità. Questa comprensione “simbolica” delle asana non è
immediata, perlomeno non è tale se non dopo un processo di apprendimento di tipo “iniziatico”, al
quale non si accede se non tramite una progressiva trasformazione di sé. Nel mio percorso questa
iniziazione alla comprensione profonda dello yoga è avvenuta attraverso l'accesso allo Yoga Ratna,
che mi ha insegnato la possibilità di penetrare gradualmente le forme, che il corpo praticava da anni,
per arrivare al recesso più profondo di me stessa e lì incontrare il punto di “revulsione”, cioè l'inizio
di un progressivo ritorno ad un centro immobile ed eterno, dal quale la vicenda umana sembra
essere partita, perdendosi poi per strada. Da quel centro si può e si deve ripartire ogni volta, ma con
una coscienza trasformata che permette di non perdersi una seconda volta.
Un proverbio indiano dice: “Tutto ciò che non viene donato va perduto”. Per questo insegno yoga
da molti anni e credo che lo insegnerò ancora per molto tempo. Per questo vorrei condividere alcuni
spunti della ricerca che sono affiorati in questi ultimi anni e che sono la mia attuale guida.
Lo yoga ci fornisce di molto materiale simbolico: le asana attingono a piene mani dal mondo
della natura, dal mondo religioso e dal contesto sociale i loro nomi e ce ne fanno esperire il portato
universale, richiamando in noi qualità ed energie che quei simboli risvegliano. Il cosmo intero è, in
fondo, simbolico. Ovunque, attorno noi, l'energia vitale si manifesta in ciò che vediamo, in ciò che
respiriamo, in ciò di cui ci nutriamo, se solo abbiamo la chiave d'accesso a ciò che sta dietro il
fenomenologico. E lo stesso avviene, con forza ancora maggiore, in noi e attraverso di noi. Vorrei
addentrarmi meglio in questo aspetto, partendo da un paio di citazioni.
altro è il linga (il simbolo) supremo, essenziato di tutti i principi, benigno,
frequentato dalle ruote degli dei, esso solo è il luogo di adorazione supremo. Il corpo e non altro è
il mandala supremo, costituito dai tre tridenti, dai loti, dalle ruote e dagli zeri , quel luogo del cuore
che è il medesimo della pura coscienza. In esso e in esso soltanto converrà che lo yogin adori di
continuo la ruota delle divinità...”1
Questo si legge nel Tantraloka di Abhinavagupta, maestro principale del tantrismo ( X-XI secolo).
Una seconda citazione merita la nostra attenzione.
“L'uomo è archetipale. In un universo in cui fisico e metafisico sono due spetti di una stessa
realtà, il caso è provvidenza e la vita è regolata da leggi, ogni essere vivente è necessariamente
1 Abhinavagupta, Tantraloka, XXIX,171-173 (trad. italiana a cura di Raniero Gnoli, Milano 1999, p. 568).
l'incarnazione degli archetipi che sottendono alla manifestazione.
Ogni vita è archetipa, a partire dall'uomo. Microcosmo, talvolta macrocosmo, unendo il cielo con
la terra, ricapitola tutta la creazione cui è chiamato a dare un nome; contiene i tre regni, è 'creato
a immagine di Dio'.”2
Circa mille anni separano questi due testi, ma possiamo affermare che l'uomo è descritto in questo
modo da migliaia di anni nei libri sacri delle grandi tradizioni spirituali. I miti e i simboli attraverso
cui esse si sono espresse e tramandate danno testimonianza di tale visione. Una visione in cui il
corpo umano è il Simbolo per eccellenza, ricapitolando in sé l'intero processo di emanazione e
riassorbimento del cosmo da Una matrice e, soprattutto esso diviene la “mappa del tesoro” per
chiunque voglia ripercorrere il viaggio dell'Essere. Se ci addentriamo in questa realtà simbolica,
emerge come lo yoga – soprattutto un certo contesto yogico qual è il tantra ed il suo elaborato
hatha-yoga – sia tra quelle discipline che più hanno saputo elaborare con estrema raffinatezza una
specifica “disciplina del simbolismo del corpo umano”. All'interno di quest'ultima, mi ha attratta in
particolare un'indicazione che vorrei offrire come spunto di ricerca interiore. Pensando al termine
stesso di yoga, il cui primo e più esteso significato è quello di “unione”, appare evidente al
praticante che questa unione è un evento che si sperimenta in primis all'interno. E' ciò che, con altro
termine, potremmo definire “unione mistica”, centro della vita spirituale. Unione che rafforza
potentemente il mentale: la nostra mente, infatti, è condizionata dalla dualità, dalla contrapposizione
tra gli opposti, bene-male, piacere-dispiacere, amore-odio; se questi si trovano continuamente in
sterile conflitto , l'energia mentale ne viene del tutto assorbita; ma se gli stessi opposti vengono
armonizzati, essa è libera e partecipa della crescita interiore. Questa unione interiore è ben
simboleggiata nello yoga attraverso la visione sottile (esoterica) del corpo umano permeato da
canali energetici chiamati nadi: canali di natura sottile, conduttori di prana in senso lato,
rappresentanti le possibilità di determinazione della coscienza e costituenti, così, la struttura
“nascosta” dell'essere come individuo. In particolare, è interessante osservare le indicazioni che
riguardano tre di questi canali nello specifico, tutti situati nella schiena. Di questi, il canale centrale,
susumna,corre lungo la colonna vertebrale, mentre i due canali laterali percorrono rispettivamente la
parte sinistra del corpo, prendendo il nome di ida nadi , e la parte destra, prendendo il nome di
pingala nadi. Per la pratica, si potrebbe percepirli partire dai due lati del coccige, e farli risalire
direttamente alla sommità della testa o al centro della fronte, luoghi in cui confluiscono nel condotto
centrale della colonna.3 Questa confluenza dei tre canali insegnata dallo yoga costituisce una
struttura di base essenziale, un'intelaiatura sulla quale si sovrappongono molteplici rappresentazioni
simboliche ( si pensi alla' intera mappa dei cakra). L'intera struttura indica il percorso di un'ascesa
interiore: la reintegrazione delle energie umana – altrimenti di per sé dissociate 4 – al fine di
convogliarle in un unico percorso armonico la cui linea vettore è la verticale terra-cielo. Ci si
concentra sull'ascesa dell'energia interiore lungo il canale mediano, come una sorta di trampolino di
lancio per saltare al di là del corpo e della mente stessa ed espandere così il proprio orizzonte di
coscienza. Nello yoga, l'intero processo è espresso simbolicamente: l' elefante grigio rappresentato
iconograficamente all'interno del cakra di base, Muladhara, diviene l'elefante bianco rappresentato
all'interno del cakra della gola, Visuddha: la coscienza, che è passata dall'elemento “terra”
all'elemento “etere”, alleggerendosi e purificandosi, è matura per il passaggio ai due cakra
“superiori” della testa, per la sua revulsione al piano spirituale. Questo processo, nella meditazione,
avviene attorno al canale centrale, susumna, asse centrale del corpo che, grazie alla risalita
dell'energia primordiale, diviene axis mundi, l'asse del mondo: è qui che lo yogin esperisce il
processo di divinizzazione dell'uomo e l'incarnazione di Dio, i quali vengono a corrispondersi come
in uno specchio. Si noti, di passaggio, che questo processo e il suo riconoscimento a livello
simbolico è qualcosa che condividono tutte le tradizioni spirituali, che lo hanno sempre espresso col
2 Jean-Marc Kespi, “Prefazione” a Annick de Souzenelle, Il simbolismo del corpo umano, Troina (En) 1999, p. 5.
3 In contesti diversi, vengono suggeriti altri percorsi dei canali laterali, leggermente diversi, che si può ritenere varino
in relazione alle forme di pratica o agli effetti che da essi ci si aspetta.
4 Cfr. Shiva Svarodaya, text in sanskrit and roman along with English translation by Ram Kumar Rai, Varanasi 1997
(ed. italiana Tecniche indiane di divinazione (Sivasvarodaya), a cura di A. Pelissero, Torino 1991).
linguaggio e con i simboli del proprio tempo e del proprio luogo geografico di appartenenza. In
Genesi, 28,12 , l'episodio della “scala di Giacobbe”, sta proprio ad indicare questo duplice processo:
risalita dell'uomo-discesa del divino, nel luogo segreto del cuore. Nella nota formula attribuita a
sant'Ireneo (II secolo) o forse a sant'Atanasio, “ Dio si è fatto uomo affinché l'uomo diventasse
Dio”. Del resto, nel corpo umano, la stessa struttura ossea della colonna vertebrale è fortemente
simbolica: essa si è costituita e fortificata attraverso una progressiva “verticalizzazione” del rachide
nel corso dell'evoluzione umana, permettendo all'uomo di camminare col volto rivolto “verso il
cielo” piuttosto che verso la terra; le stesse “apofisi spinose” delle vertebre formano una linea
verticale, che la coscienza segue come se fossero i gradini di una “scala” che dalla terra sale al
cielo.
“E sognò di vedere una scala che poggiava sulla terra, mentre la sua cima raggiungeva il cielo;
ed ecco: gli angeli di Dio salivano e scendevano per essa” (Genesi, 28,12).
L'energia, dunque, si avvia nell'asse centrale, come una spada che rientra nel fodero. Del resto,
nello yoga, la colonna vertebrale è chiamata anche vajra, la spada di Indra, signore del cielo: la sua
punta è piantata nella terra, l'impugnatura sta nel cielo. “Non sono venuto a portare pace, ma una
spada”, dice Gesù a chi lo segue5.
Nei primi secoli del cristianesimo, gli “stiliti” avevano formato delle comunità, soprattutto in
Oriente, come a Gerusalemme. Questi anacoreti, come indica il loro nome, vivevano su delle
colonne, alla cui sommità era posta una balaustra. Non potevano, forse, voler indicare in maniera
concreta, certo provocatoria, la necessità di far salire l'energia fin sopra la colonna, fino ai centri
superiori del corpo? Ancora, un po' più tardi, nel sud d'Israele, visse Giovanni Climaco 6, il quale
scrisse La Scala del Paradiso: i trenta gradini della scala descritta non possono riferirsi
simbolicamente alle trenta vertebre della colonna vertebrale, come descritta nella sua epoca?
Il simbolismo del corpo umano è ricchissimo di forme e di esemplificazioni dell'ascesa interiore.
Esso è centrale nel cammino dello yoga, la stessa mitologia cosmogonica dell'induismo ne riporta
numerosi esempi. L'indicazione di un analogo, essenziale percorso è inscritta nelle testimonianze
bibliche e in quelle dei Padri e delle Madri del deserto. Ma cosa c'è nella parte superiore del corpo?
Per arrivare al vertice, l'energia passa attraverso il centro della fronte, Ajna cakra, dove le correnti
di destra e di sinistra si incontrano : esse è rappresentato con due petali di loto posti ai lati della
fronte. Se si aggiunge un terzo petalo per l'asse centrale, essi sono “tre”. Un triangolo, dunque, che
spesso nelle sinagoghe e nelle chiese racchiude un occhio: il “terzo occhio” della visione interiore,
come descritto nello yoga?
Alla sommità del capo, al vertice, arriva e transita la verticale energetica che parte dal bacino.
Tuttavia, se la verticale devia, se il corpo (grossolano e sottile) cioè non ha “compiuto” il perfetto
allineamento della colonna, la traiettoria manca il bersaglio. Da qui credo derivi l'enfasi che lo yoga
pone sulla perfetta esecuzione della postura, soprattutto per quanto riguarda l'allineamento della
colonna vertebrale. Il primo stadio verso la “rettitudine” è dunque il raddrizzamento, cioè realizzare
le condizioni per raggiungere il vertice, per non mancare il proprio “obiettivo” 7: nella visione
energetica, la capacità di andare al di là della sommità della testa. Può esserci d'ispirazione il fatto
che, originariamente, il termine metanoia, conversione, è la capacità di mettere lo spirito (nous) al
di sopra, oltre (meta), ossia di superare se stessi. Rimaniamo alla testa. Qui si hanno, di nuovo, due
polarità opposte: il “vertice” e la “bocca”. Le correnti di energia, risvegliate, convogliate nel centro
e fatte risalire dal basso verso l'alto, vanno sia in una direzione che nell'altra. La “bocca”
rappresenta quello che in psicologia è chiamato “oralità”: un agglomerato di desideri di tipo
alimentare e sessuale e di tendenze all'aggressività e al chiacchericcio. Le emozioni ordinarie si
dirigono qui, e in generale verso il viso. Ma lo slancio dell'energia spirituale tende a salire
5 Mt, 10,34.
6 Giovanni Climaco visse tra il 579 e il 649 circa, conducendo per quarant'anni vita ascetica ai piedi del Monte Sinai,
in Palestina. E' autore di un testo dal titolo La scala del paradiso, da cui prese il suo nome (greco climax: scala).
7 Etimologicamente il termine “peccato” ( in greco amartena) indica proprio il fatto di “mancare il proprio obiettivo”.
direttamente al vertice della testa. Questa visione richiama immediatamente due indicazioni centrali
nella pratica yoga. L'energia “non purificata” - il mancato passaggio graduale attraverso tutti i livelli
di coscienza evolutivi rappresentati dai cakra e dalle loro modalità – sale alla testa (“dà alla testa”),
ma finisce per dissiparsi, senza governo, nell'oralità, amalgama di aggressività e di avidità. Ecco,
allora, la necessità di “gradualità” nella pratica e di “umiltà” nella considerazione dei risultati del
proprio percorso (yama e niyama, le astensioni e le osservanze, i primi due gradini dello
yogadarsana, stanno, non a caso, all'inizio). Il problema, infatti, non è tanto risvegliare l'energia
evolutiva, quanto sapere che cosa farne una volta che il processo è messo in moto. A questo devono
servire, probabilmente, le pratiche “purgative” - nello yoga, i due livelli di yama e niyama – che
sono richieste a chi si vuole qualificare per questo percorso. A questo è indirizzato l'avviso di
risvegliare i due canali energetici laterali prima di quello centrale, affinché essi siano
sufficientemente forti quando dovranno sorreggere lo scuotimento della colonna centrale, senza che
l'intero edificio crolli, ricoprendo di macerie il praticante. Anche sui “rischi” del risveglio ci parlano
i miti. Pensiamo alla storia di Sansone, l'uomo troppo forte che scuoto i pilastri del tempio dei
Filistei fino a farli cadere, ma che muore sotto le macerie. Del resto, se ci sembra di comprendere la
“lettera” delle indicazioni lasciate dai Saggi, non per questo se ne avrà necessariamente una piena
esperienza.
Quando lo slancio dell'energia purificata è slancio dello “spirito” - l' Ham-sa, il “cigno che si
invola” delle Upanisad – allora la risalita è al vertice del capo. Qui si contempla la “fioritura” di Sé,
come ben rappresentato dall'immagine di sahasrara cakra, situato sulla corona del capo: un fiore di
loto con mille petali, numero simbolicamente identificabile con l'infinita libertà dello spirito. Qui si
redimono tutti i peccati, avendo centrato l'obiettivo, avendo scongiurato la perdita di “senso”.
Se il fondamento del mondo (sia macrocosmo esterno che microcosmo interno) è l'opposizione
delle coppie di contrari, scopo dell'evoluzione umana è, nei simboli dello yoga, andare oltre la
dualità di queste coppie. “Integrare, unificare, totalizzare, in una parola abolire i contrari e riunire
i frammenti, è, in India, la Via Regia dello spirito” 8. Questo è un processo essenzialmente
esperienziale, mistico, è il processo dell'ascesa dell'energia interiore, Kundalini, che ha luogo nel
corpo fisico-corpo simbolico dell'uomo, come portato dell'unione interiore di energie polarizzate. E'
un processo che avviene a livello non razionale, ma intuitivo e sovra razionale, e che, dunque, non
può che esprimersi – se esprimibile - attraverso il linguaggio dei simboli. E può avvenire proprio
perché, tra tutti, il corpo è il Simbolo dei simboli, il “linga supremo”, il “mandala principale”.
Nei miti e nei simboli dell'India è racchiuso un significato universale. E così è per i miti e i
simboli di tutte le grandi tradizioni spirituali. Esse ci invitano al disvelamento.
“Meditando sul battesimo di Gesù, è possibile scorgervi la salita dei cinque elementi: egli ha i
piedi che poggiano sul fondo del Giordano; il suo corpo sta nell'acqua; sopra di esso c'è la
colomba dello spirito, che corrisponde sia all'aria, sia al fuoco (spirito significa 'soffio', e lo Spirito
Santo si è manifestato agli apostoli sotto forma di lingue di fuoco; secondo una tradizione
cristiana, inoltre, durante il battesimo di Gesù sarebbe uscito del fuoco dal Giordano); infine, al di
sopra di tutti, c'è il Padre che fa udire la sua voce, e che corrisponde all'etere. Dunque, i cinque
elementi che rappresentano il creato possono comunicare con l'alto grazie a un canale verticale
che, aperto, permette in qualche modo al divino di scendere sulla terra. E' un processo che avviene
anche nel corpo di chi si dedica alla contemplazione.”9
8 Mircea Eliade, Mefistofele e l'androgine.
9 Jacques Vigne, Il matrimonio interiore in oriente e occidente, Roma 2009, p. 84.