Theme Setting

Showcases

Background

This setting is only taking a look when select color and background.
If you want to set showcase color, background and disable Setting Bar, go to Templates Manager > AT-Templates > Global Tab

Go to Top

Agenda

Agenda

 Corso Istruttore Metodica Yoga Ginnastiche UISP Salute Benessere a Lucca

(inizio 30/31 Gennaio 2021) posticipata alla riapertura delle palestre

yoga porte aperte  2020, 20 anni di YANI (lezione)

Respiro vivo (Seminario)

Serate del pensiero (conferenze)

Meditazione settimanale a distanza

il giovedi dalle 20:30 alle 21:30 (Costanza 348 5703187)

 

Corsi e orari

Corsi e orari

CENTRO YOGA NIKETAN

 

( settembre 2020 - Giugno 2021 )

 

I corsi sono organizzati secondo il protocollo applicativo Covid-19

 

Meditazione della Luna Piena

Meditazione della Luna Piena

Meditazione della Luna Piena

Ogni Luna Piena

Ore 20,30

presso il Centro, salvo indicazioni differenti.

INCONTRI DI MEDITAZIONE

IN OTTEMPERANZA ALLE NORME COVID19, SI ACCEDE ALLA MEDITAZIONE SOLO SU PRENOTAZIONE TELEFONANDO AL 348 5703187.

×

Notice

Please enter your Disqus subdomain in order to use the 'Disqus Comments (for Joomla)' plugin. If you don't have a Disqus account, register for one here

“Yoga w..hat”? Avviatosi sul chiudersi del XIX secolo, il fenomeno “modern yoga” (De Michelis 2004) culmina oggi in un portato della globalizzazione di massa, celebrato, ma non certo esaurito, con due eventi recentissimi: l’istituzione a New Delhi, l’11 novembre 2014, da parte del Primo Ministro Narendra Modi, del Ministry for AAYUSH (‘Āyurveda, Yoga, Unani, Siddha. Homeopathy’) e, un mese dopo, l’11 dicembre 2014, la ratifica e ufficializzazione da parte dell’ONU, nella persona dell’allora segretario generale Ban Ki Moon, della proposta, avanzata dallo stesso Modi, di istituire un “International Yoga Day”, da celebrare ogni 21 giugno, a partire dal 2015. Ratifica sottoscritta da oltre 170 paesi, tra i quali l’Italia (UN, res. A/RES/69/131; Draft Resolution on the International Day of Yoga, UN, daft A/69/L. 17).

 

Si aggiunga la notizia recentissima che il 2 dicembre 2016 lo yoga è stato aggiunto alla lista dei Patrimoni orali ed immateriali dell'umanità, grazie ad una decisione presa all'unanimità dai 24 membri di uno specifico Comitato intergovernativo dell'Unesco riunito per la sua 11/a sessione ad Addis Abeba, in Etiopia, dal 28 novembre al 2 dicembre. I dati di questa globalizzazione sono eloquenti (2016 Yoga in America Sudy conducted by Yoga Journal and Yoga Alliance) e ci mostrano come lo yoga sia divenuto, oggi, uno dei passatempi più popolari e in crescita al mondo. Lo yoga è evidentemente divenuto una ‘commodity’, un bene di consumo per cui c’è una domanda crescente, entrato, se non sprofondato, in quel meccanismo conosciuto, con termine anglosassone, col nome di ‘commodification’: la mercificazione di uno “stile di vita” in virtù del suo darsi come prodotto offerto senza differenze qualitative (lo stesso bene indipendentemente da chi lo produce/offre), che perde le sue differenziazioni nel divenire ‘merce’, con un alto grado di standardizzazione, ottenibile comodamente (in francese, non a caso, si rende la parola ‘commodity’ con ‘commodité’), pratico e immagazzinabile, poiché conservabile nel tempo (cioè, non perde le sue caratteristiche ‘originarie’).
Il termine yoga caratterizza, allo stesso tempo, una serie di metodiche centrali alle tradizioni religiose e non-religiose del Sud Asia, che trovano probabilmente la loro origine nelle pratiche ascetiche del primo millennio avanti Cristo, nelle fonti buddhiste dei suoi costrutti filosofico-epistemologici, per divenire, successivamente, parte di quasi tutte le tradizioni religiose posteriori. Un settore di ricerca che ha visto negli ultimi decenni crescere in modo esponenziale il numero dei soggetti coinvolti e che viene genericamente indicato col termine “yoga studies”, ha permesso l’accesso ad una mole di nuovi documenti testuali – redatti in lingua sanscrita e non solo – ed ha permesso di risalire all’indietro di molti secoli per documentare una più critica storia dello yoga che potesse emanciparsi, almeno in parte, di una certa eredità culturale Ottocentesca esotericizzante e colonialista attraverso la quale si è declinata buona parte della moderna narrazione dell’India (e dello yoga). Questo settore di ricerca sembra oggi mostrarci una storia inedita, articolata in circa 2500 anni di tradizioni yoga, le più antiche delle quali potrebbero non essere affatto emerse in ambito induista, né essere tanto meno sorte in India – se per India il nostro immaginario connota, come è probabile, la realtà geografica e socio-politica nata all’alba dell’indipendenza nel 1947 -, le cui orto-prassi sono state spesso diametricalmente opposte.
Lo scenario contemporaneo del mondo dei praticanti - documentato, peraltro, da un’ormai cospicua letteratura- sembra animato dalla ricerca spasmodica di certificare il vero yoga, l’originale e originario, il “classico”, appunto, incorrotto e incorruttibile e perennemente eguale a sé, conditio sine qua non di ogni possibile ‘commodification’. Ma se ci convince questa inedita storia dello yoga della quale si comincia a delineare oggi una cornice più documentata e rigorosa, non possiamo che essere catturati dalla stupefacente diversità nell’atmosfera che circonda il paesaggio degli asceti passati e quello che accoglie i moderni praticanti. Discontinuità e temi ricorrenti sembrano caratterizzare la storia degli yoga, cominciando proprio col termine stesso, che ci riporta al più ampio problema della traducibilità dei concetti sud-asiatici nei linguaggi europei. Possibile che la parola yoga voglia dire proprio yoga? Perché traduciamo ogni altro termine sanscrito nelle diverse lingue e ci fermiamo di fronte a yoga? Evidentemente già qui ogni altro pronunciamento su ‘yoga’ dovrebbe fermarsi, soprattutto ogni pretesa di continuare a parlare in generale di ‘uno’ yoga, dal momento che ci pare assai evidente che yoga non vuol dire yoga – come potrebbe una parola voler dire sé stessa?
Provando a mettere in discussione sia l’idea, ereditata da generazioni di maestri, istruttori e accoliti della modernità, che tutti ‘gli’ yoga non siano che una variante estrosa di un’unica tradizione Yoga rimasta immutata dalla sua origine nella notte dei tempi, sia la sua alternativa, che cioè la metodica yoga si sia evoluta in linea retta, in una sorta di determinismo storico, dalle sue prime attestazioni testuali nella Bhagavad Gītā e negli Yogasūtra, attraverso le opere su haṭha yoga, fino alle metodiche moderne (Vinyāsa, Aṣtāṅga, Kriyā Yoga, Iyengar ed altre), vogliamo orientarci, piuttosto, attraverso la constatazione che la storia dello yoga presenta discontinuità e continuità tali da rendere urgente e non ulteriormente procastinabile una sua intera riconfigurazione. Volgere la barra del timone verso una ricerca che tenga conto di questa pluralità di metodiche e significati diventa allora necessario, quando vogliamo capire meglio di cosa stiamo parlando quando “facciamo” yoga.
Possiamo cominciare a pensare alla necessità di addentrarci in questa sorta di Babele dello yoga postulando due ipotesi guida:
- non esiste “uno” yoga;
- non esiste “una” tradizione yoga, immutata dalla sua origine nella notte dei tempi.
Accettando di farci ri-orientare o, meglio, dis-orientare da queste ipotesi, ci sembra urgenza del presente addentrarci in un percorso di ricerca che metta in chiara luce come, quando parliamo di yoga, ci troviamo di fronte ad una delle varie declinazioni con cui l’ umano ha da sempre cercato di costruirsi e di condursi nella vita attraverso l’esercizio, attraverso pratiche metodiche o discipline che potessero dare contezza del suo nascere impreparato a stare al mondo e porvi rimedio attraverso l’applicazione di tecniche atte a adattarlo, trasformarlo e conformarlo, nel senso proprio di “dargli forma”. Si potrebbe, cioè, parlare di yoga al plurale, degli yoga, nei termini di vere e proprie antropotecniche (esercizi con cui l’umano si costruisce, costituisce e riconosce come tale) del Sud-Asia, attraverso le quali si vuole educare a qualcosa che riguarda i processi tecnici di produzione dell’umano, esercizi formativi la cui storia presenta tante discontinuità e tante declinazioni quanti sono i testi che attestano la loro presenza nelle diverse tradizioni buddhiste, jainiste, hindu e islamiche. Questa lettura evidenzia come il problema dello yoga, o degli yoga, nell’antichità sia molto simile a quello della modernità: indagare chi gestisce e a quale fine sono rivolte le diverse proposte del metodo (yoga). Se il fruitore delle metodiche yoga è qualcuno che evidentemente non sa cosa fare della propria vita, a colmare questa lacuna intervengono delle pratiche formative da indagare, per vedere fino a che punto esse si diano come esercizi autonomi o guidati da chi produce e trasmette in toto la tecnica.
Questo panorama spinge a muoverci secondo tre ipotesi di ricerca:
- la presenza inequivocabile di continuità e discontinuità nella storia dello yoga;
- l’attenzione alla documentazione testuale, che talvolta mostra come ci siano tanti sistemi yoga quanti sono i testi pervenutici;
- la presenza di divergenze teoretiche e pratiche talvolta anche all’interno di un medesimo sistema.
Ipotesi suffragate e coronate dall’idea di poter rintracciare, allo stesso tempo, una più ‘sobria’ idea di continuità di visioni e di pratiche in questa storia millenaria, fatta di conversazioni - nelle quali gli autori dei testi sembrano comunque intrattenersi gli uni con gli altri attraverso il tempo-, attorno ad argomenti e temi pervasivi che continuamente ricorrono nelle diverse tradizioni yoga buddhiste, hindu, jainiste, tantriche, non-settarie e islamiche (si veda Yoga in practice, edited by David Gordon White, 2012).

 Costanza Ceccarelli, 2017

Add comment


Security code
Refresh